giovedì 5 luglio 2012

DUCATI PASO 750 La storia

                                                               DUCATI PASO 750   

(scusate ragazzi ho ricevuto proteste su msn. Dimenticavo che la Paso è del  1986 e molti di voi SONO NATI  nell'86)
La Ducati Paso 750 è una moto prodotta dalla Ducati. Venne presentata nel 1986 con lo slogan «Il nostro passato ha un grande futuro»  e deve il proprio nome al pilota Renzo Pasolini, detto "Paso", deceduto il 20 maggio 1973 (anno della mia nascita) in un incidente di gara sull'Autodromo di Monza durante il Gran  Premio d'Italia.Il celebre marchio bolognese, acquistato nel 1983 dal gruppo Cagiva, si lanciò così in una nuova avventura per  dimenticare i trascorsi oscuri della gestione IRI. La sfida consisteva nel costruire una moto con caratteristiche  tecniche e d'immagine innovative in grado di combattere lo strapotere  commerciale della produzione giapponese.Per raggiungere l'ambizioso obiettivo la Ducati si affidò allora a Massimo Tamburini,  allora conosciuto come co-fondatore della Bimota e in seguito autore di moto di successo come la  Ducati 916 e le MV Agusta F4 e Brutale. I problemi da  superare erano molti ma soprattutto era necessario utilizzare l'unico motore prodotto dalla  Ducati, il famoso bicilindrico a L di 90°, serie Pantah, giunto con mille affinamenti fino ai  giorni nostri e unico nel panorama mondiale ad essere dotato di distribuzione desmodromica, ma ai  tempi affetto da noiosi problemi di affidabilità dovuti a componentistica di  modesta qualità.Il progettista riminese vestì il  motore con una carenatura  integrale, presto copiata dalla concorrenza giapponese, che celava alla vista  ogni componente meccanica. La moto venne dotata di dotazioni tecniche di ultima  generazione: telaio in tubi quadri d'acciaio al cromo-molibdeno, forcellone posteriore in lega leggera con  biellismi ad azionamento progressivo, ruote da 16 pollici con pneumatici di generosa sezione,  motore conraffre ddamento misto aria-olio, accensione elettronica e  strumentazione completissima.
Il tutto per realizzare una moto che costituiva un'assoluta novità nella  produzione Ducati di ogni tempo: non una sportiva, ma una moto con espressa  vocazione sport-tourer. Nonostante le premesse il successo commerciale stentò ad  arrivare poiché la moto era più cara delle concorrenti, aveva prestazioni  inferiori (erano dichiarati 72,5 cv a 7.900 giri per 210 km/h di velocità) e aveva ancora qualche  limite di affidabilità a causa di un impianto elettrico non troppo a punto e  soprattutto di un'alimentazione affidata a un carburatoreautomobilistico sostanzialmente inadatto a una  moto. Nel 1989 venne presentata la Paso  906, con cilindrata di 904 cc e 88 cv a 8.000 giri per 220 km/h di  velocità massima, caratterizzata da raffreddamento a liquido e cambio a 6  marce anche se restavano invariati impianto elettrico e alimentazione a  carburatore.La maturità fu raggiunta nel 1991 con la  907 I.E. che perdette tuttavia il nome "Paso". Il motore restava il  medesimo ma spariva il carburatore in favore di un modernissimo (per i tempi)  impianto Weber-Marelli che integrava accensione ed iniezione elettronica risolvendo in un  sol colpo i problemi di affidabilità elettrica e di alimentazione. La potenza  salì a 90 cv a 8.500 giri e la velocità a 230 km/h. Anche la parte ciclistica  venne modificata con cerchioni da 17" che assecondavano una tendenza progettuale  tuttora invalsa e dettero alla moto un'agilità prima sconosciuta.La produzione cessò nel 1993.Personalmente mi innamorai di questa moto vedendola in Giro non ebbi la fortuna di vedere  il prototipo al motosalone di Milano (ero piccolo). Quando  ne vedo ancora qualcuna in giro mi batte ancora il cuore. Penso che questa sia  stata una delle moto che ho più desiderato. il passaggio dal 350 Ducati a questa ha causato  un raddoppio della potenza a disposizione ma sopratutto il passaggio ad una  ciclistica molto più moderna. L'impostazione di guida è  quasi perfetta per  le esigenze sportivo-turistiche anche se un pò di potenza in più non avrebbe  guastato. Le cose che penso siano più azzeccate consistevano nell'adattamento  del pilota al posto di guida e nella facilità di fare arrivare alla corda i  pneumatici (capite perchè mi stavo gettando a terra provandola i curva? La 900 SS è DURA altro che corda). Questa moto è sempre stata ammiratissima, sopratutto per via della  bellissima (per l'epoca) carenatura integrale e dell'inconsueta rilevanza dei  pneumatici nella vista posteriore, sia da altri motociclisti (in particolare  stranieri) sia dai non esperti attirati dal design. Naturalmente veniva snobbata  da quella categoria di filo-nipponici italiani che di una moto guardano solo la  curva di potenza pubblicata sulle riviste specializzate.

1 commento:

  1. Ho letto l'articolo: un'analisi attenta e puntuale. La 907 i.e. quando è uscita (in realtà nel 1990) sembrava un esercizio di stile per palati fini, insolito per una moto. Lo spoiler alla sommità del cupolino, l'accenno al convogliatore aria tipo Venturi, i convogliatori laterali e gli estrattori d'aria ad altezza ginocchia hanno voluto celebrare il matrimonio tra la moto e l'aria. Le conferiscono anche da ferma il senso del movimento. E un capo-lavoro di Massimo Tamburini. E va considerato che all'epoca si disegnava con matite colori e carta. ad ogni errore o modifica bisognava rifare.
    Una moto bella da guidare con un'erogazione da classico motore Ducati, irregolare ai bassi, quando entrava in coppia diventava un piacere sentirlo pulsare nell'interminabile crescita di giri. Nel tempo e con i km percorsi ho maturato ed esprimo la convinzione che una moto seria debba pesare meno di 200 kg e che 100 cv alla ruota con una buona curva di erogazione siano l'ideale per divertirsi. Gradisco guidare la moto e non essere costretto a temerla. La Cagiva e la Ducati avrebbero dovuto credere di più nella bontà di questo progetto, avrebbero potuto correggere qualche difetto e migliorarla mantenendola in listino vendite. Circa 10 gg fa ne ho addocchiata una con pochi km e perfetta anche nell'estetica; adesso è a casa e anche se non la utilizzo rende bello e moderno il garage. Bravo Tamburini, un peccato tu non possa essere qui con noi…
    Buone vacanze a tutti
    Paolo

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